La perdita di un genitore o di un parente stretto è un momento doloroso, che rischia di diventare ancora più difficile a causa di frizioni familiari e questioni burocratiche. Una delle situazioni più frequenti è quella di un immobile ereditato in comproprietà tra più eredi, che però sono in disaccordo su cosa farne. In particolare, ci si chiede spesso come vendere un immobile ereditato se non c’è il consenso di un erede?
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La legge italiana, infatti, con l’articolo 1108 del Codice Civile impone che per vendere un bene in comproprietà debba esserci il consenso unanime di tutti i comproprietari (in questo caso, gli eredi). Tutti i titolari del bene devono essere presenti dal notaio per firmare il rogito affinché l’atto sia valido. Si tratta, infatti, di un atto di straordinaria amministrazione, dove vale la regola dell’unanimità e non quella della maggioranza. Dunque, si ha una sorta di diritto di “veto”: se un erede non vuole firmare il rogito la vendita non può essere eseguita. D’altro canto, gli altri eredi non possono costringere un comproprietario a vendere.
Nei prossimi paragrafi vedremo quindi che succede se gli eredi non si mettono d’accordo e quali sono le possibili vie di uscita da questa delicata ma frequente impasse.
Che cos’è la comunione ereditaria
Prima di addentrarci nel tema di questo articolo dobbiamo spendere due parole per chiarire che cos’è l’istituto della “comunione ereditaria”.
Quando due o più fratelli ricevono in eredità un bene indiviso – ad esempio la casa del genitore defunto – e accettano l’eredità si realizza la cosiddetta “comunione ereditaria”, disciplinata dagli articoli 1100 e seguenti del Codice Civile. La comunione ereditaria resta valida per tutto il tempo in cui la condivisione del bene permane, fermo restando che i coeredi hanno il diritto di domandare in qualsiasi momento al giudice la divisione della comunione, salvo casi particolari (ad esempio se tra gli eredi potenziali c’è una pendenza di giudizio sull’accertamento della filiazione).
Dunque, nel caso in cui ci sia la volontà di vendita di un immobile con eredi in disaccordo, il singolo erede può sciogliersi dalla comunione ereditaria chiedendo al Tribunale la divisione del bene in eredità, come stabilito dall’articolo 1111, comma 1, del Codice Civile.
Come vendere un immobile ereditato se non c’è il consenso di un erede
Ma nel caso in cui uno o più fratelli decidano di vendere il bene ereditato, cosa succede se uno dei coeredi rifiuta di vendere? In questa circostanza occorre distinguere tra varie ipotesi. Vediamole una ad una.
Vendita immobile con eredi in disaccordo: vendere la propria quota
Una domanda ricorrente tra coeredi è: posso vendere la mia quota di casa ereditata? La risposta è sì. Una prima possibilità per chi vuole vendere ma si trova in disaccordo con i coeredi è infatti proprio quella di vendere soltanto la propria quota di proprietà sul bene.
In tal caso, però, l’erede che vuole vendere la propria quota deve per legge riconoscere un diritto di prelazione a favore degli altri comproprietari: si tratta del cosiddetto “retratto successorio”, che impone al venditore di notificare la proposta di vendita, con il relativo prezzo, agli altri coeredi, prima di poterla finalizzare con un estraneo. A questo punto, i coeredi hanno due mesi di tempo per esercitare il diritto di riscatto. Se invece il venditore non rispetta il diritto di prelazione, finché permane la comunione ereditaria i coeredi possono riscattare la quota dal compratore o dal successivo avente causa.
Alla base di queste norme c’è chiaramente lo scopo di conservare i beni all’interno della famiglia.
Vendita casa: se un erede si oppone si può tentare la via conciliativa
Una seconda opzione – possibile se tra i coeredi c’è un buon rapporto – è quella di tentare la via conciliativa.
Non si può obbligare un comproprietario a vendere, ma può capitare che un coerede in difficoltà economiche e bisognoso di liquidità – facendosi assistere da un legale – faccia valere le proprie ragioni e tenti una conciliazione con gli altri. In situazioni di questo tipo, se tra i coeredi c’è un certo dialogo, spesso si riesce a raggiunge l’accordo per la vendita e la divisione del ricavato in parti uguali.
Vendere casa se uno dei comproprietari non vuole: la divisione giudiziale
La terza risposta possibile alla domanda “cosa fare se uno dei comproprietari non vuole vendere?” è la più complessa: si tratta della divisione giudiziale, a cui si ricorre quando la via conciliativa non funziona e la divisione ereditaria non è stata disciplinata mediante un testamento.
In base all’articolo 713, comma 1, del Codice Civile, i coeredi possono sempre domandare la divisione al giudice. In tal caso ci si rivolge al Tribunale per procedere alla liquidazione delle quote ereditarie, chiamando in causa tutti i coeredi (o i comproprietari). La competenza spetta al tribunale del luogo dov’è aperta la successione.
Prima di avviare la divisione giudiziale, però, è necessario aver attivato un procedimento di mediazione obbligatoria, che costituisce condizione di procedibilità del giudizio stesso. Se la mediazione non va a buon fine, si passerà alla divisione giudiziale.
Il giudice innanzitutto valuterà se è possibile trovare un accordo tra i coeredi, che potrebbe prevedere, ad esempio, una divisione in natura del bene. Nel caso di una casa facilmente divisibile si potrà effettuare un suo frazionamento in più unità immobiliari, assegnando a ciascun coerede una porzione dell’intero bene. A tal fine verrà nominato un perito che esaminerà le possibili soluzioni tecniche.
Se la divisione in natura non fosse possibile, il giudice verificherà se uno degli eredi è interessato ad acquistare le quote di proprietà dei coeredi, liquidandole in denaro. Se più di un erede è interessato ad acquistare le quote, il giudice valuterà a sua discrezione quale sia l’interesse più meritevole di tutela: ad esempio potrà privilegiare chi già vive dentro la casa.
Infine, nel caso in cui nessun coerede voglia acquistare l’immobile, si procederà alla vendita all’asta del bene con incanto, partendo da una base di prezzo valutata dal perito nominato dal Tribunale, fermo restando che ciascuna delle parti potrà proporre un diverso valore del bene nominando un proprio perito che effettui una stima. Il ricavato dalla vendita dell’immobile, quindi, verrà distribuito tra i coeredi secondo le rispettive quote di proprietà.