Vendere casa a un figlio: come funziona

Quando ci si chiede come trasferire un immobile ad un figlio la prima opzione sembrerebbe quella della donazione, ma spesso tale soluzione non è la più conveniente e si preferisce la formula della vendita della casa dal genitore a un figlio. La donazione può infatti essere revocata per domanda degli eredi del donante nel caso siano state violate le quote di legittima. Tale revoca non può invece avvenire in caso di vendita.

Quando ci si chiede come trasferire un immobile ad un figlio la prima soluzione che si può adottare è quella della donazione immobiliare. Spesso però questa strada non è la più conveniente e si preferisce optare per la vendita della casa dal genitore a un figlio. E’ facile che sorga un dubbio: si tratta di una pratica lecita? E se sì, come vendere casa a un figlio? Vediamo i dettagli nei prossimi paragrafi.

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Cosa conviene: donazione o vendita?

La donazione immobiliare permette di regalare una casa mediante un atto pubblico. Tuttavia donare un immobile comporta alcuni costi e in particolare:

  • il costo dell’atto notarile, variabile in base al valore del bene, alla complessità dell’atto e al singolo professionista; 
  • le imposte: imposta di registro e di bollo, imposta di donazione, imposta ipotecaria e imposta catastale dell’immobile.

Quindi, quale opzione risulta più conveniente: donazione o vendita? Al di là delle spese da sostenere, la differenza tra donazione o vendita tra padre e figlio riguarda soprattutto le conseguenze dei due atti: la vendita – ovvero il passaggio di proprietà a fronte del pagamento di denaro – rende il trasferimento definitivo, mentre la donazione non prevede nessun prezzo.

In particolare ciò che spesso fa evitare la donazione quando si tratta di trasferire un immobile ad un figlio è che in alcuni casi la donazione può essere revocata, in particolare per domanda degli eredi del donante qualora siano state violate le loro quote di legittima. Ciò non può invece avvenire con la vendita.

Vendere casa a un solo figlio è lecito?

L’altra opzione per trasferire un immobile ad un figlio è dunque quella di venderlo. 

Vendere casa a un figlio da un lato permette di sottrarre l’immobile a eventuali creditori ed evitarne il pignoramento; dall’altro consente di favorire un erede anziché un altro, evitando il rischio di un’azione di riduzione qualora sia stata sottratta agli altri eredi la loro quota di legittima. 

Ma vendere casa a un figlio è legale? La risposta è sì: la legge italiana consente di concludere contratti di compravendita tra parenti. Quindi, un genitore può vendere a un figlio una casa, e per farlo le due parti dovranno recarsi da un notaio: senza l’atto pubblico, infatti, il passaggio di proprietà sarebbe nullo. 

I problemi possono però sorgere quando viene realizzata la vendita fittizia di una casa da padre a figlio. Se si appura l’esistenza di un atto di compravendita senza passaggio di denaro, o fatto a un un prezzo irrisorio, potrebbe emergere l’intento simulatorio delle parti e gli eredi potrebbero fare opposizione, rendendo vana la cessione della casa.

Inoltre, nel caso di vendita fittizia di una casa da padre a figlio fatta per sfuggire alle tasse, se il debito con il Fisco è maggiore di 50mila euro e le imposte non pagate sono Irpef o Iva, chi simula la vendita può essere accusato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Nel caso invece di un creditore privato, questi potrà intraprendere un’azione revocatoria per ottenere la dichiarazione di inefficacia dell’atto di compravendita, e il bene tornerà a essere pignorabile.

Quanto costa vendere una casa ad un figlio?

Vendere casa da un genitore a un figlio comporta le seguenti spese, oltre al costo dell’immobile:

  • imposta di registro proporzionale al valore dell’immobile (con un minimo di 1000 euro);
  • imposta ipotecaria fissa di 50 euro;
  • imposta catastale fissa di 50 euro.

La sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 6907/2019 afferma che si può parlare di simulazione per i contratti di compravendita con cui il padre cede a un solo figlio il suo patrimonio a prezzi non di mercato.

Il contratto simulato non è un atto illecito e non implica responsabilità dei contraenti nei confronti di terzi, i quali non possono chiedere il risarcimento di danni, a meno che non ci sia un danno causato volontariamente dalle parti. Gli eredi possono però opporre la simulazione se vedono lesi i propri diritti, ovvero le proprie quote di legittima.

Da tutto ciò emerge che, per non incorrere in contestazioni, se si vuole vendere casa a un solo figlio bisognerà farlo a prezzi di mercato. In questo modo, l’immobile non andrà a far parte del patrimonio da dividere tra gli eredi mentre il denaro ottenuto dalla compravendita confluirà in tale patrimonio e non potranno esserci opposizioni.

Come contestare la vendita fittizia di una casa da padre a figlio

Chi viene leso nei propri diritti dalla vendita fittizia di una casa da padre a figlio può impugnare l’atto dimostrando che si tratta di una simulazione.

Entro 10 anni dall’apertura della successione – cioè dalla morte del padre –, gli eredi penalizzati nella quota di legittima possono agire in tribunale, intentando una causa di simulazione per far accertare in giudizio l’inefficacia del contratto simulato. Dovranno fornire le prove che il trasferimento del possesso dell’immobile non è mai avvenuto o che non c’è stato un reale passaggio di denaro tra acquirente e venditore. 

Se il giudizio farà emergere tali circostanze, la casa ritornerà alla successione e andrà divisa con gli altri eredi.